sabato 16 aprile 2016

La pazienza del corniolo (Non diamoci troppa importanza)

Il "cornus rubra" in fiore
I colori sgargianti hanno il sopravvento in questa stagione di principio ch'è la primavera, con le giornate che si allungano, la luce che si distende come vernice, senza bisogno di pennello.
Lascio da parte le misere preoccupazioni quotidiane, concentrando l'attenzione su una pianta messa a dimora a lato del giardino. E' un "cornus rubra" (chiamato comunemente "corniolo") ed era stato scelto quattro o cinque anni fa per la fioritura splendida, un rosa acceso e impertinente, uno spesso ricamo della natura, che lo adorna da cima a fondo.
Rari erano però finora i boccioli e rachitici i petali, fragili persino i rami, tanto che talvolta non nego mi sia passato per la testa di dargli un taglio, netto.
Quest'anno invece, in un aprile all'apparenza come tutti gli altri, forse un po' più caldo, forse un filo più umido rispetto a quello passato, ecco che il cornus s'è ammantato di quei fiori stupendi che invano negli anni scorsi avevamo aspettato e ora fa bella mostra di sé, tra lo smeraldo dei prati, il rosso dell'acero, il verde carico del faggio e quello più tenue del fico.
Lo osservo ogni volta che torno a casa e me ne compiaccio, pur non avendo io alcun merito, con la natura che semplicemente ha fatto il suo corso. Lo fa sempre, la natura. Semmai siamo noi figli frettolosi e impazienti del creato a pretendere di dettare i ritmi, a incapricciarci se il corso degli eventi è differente da ciò che desideriamo. Una consapevolezza che mi prostra e nel contempo porta conforto: se infatti esiste uno scorrere più imponente di qualsiasi nostro sforzo, eccessivo è allora ogni affanno e tanto vale abbandonarsi al fluire placido del tempo, che tutto modella, tutto plasma, a proprio piacimento. Ciò non significa disinteressarti di tutto, bensì non darsi eccessiva importanza, comprendere la giusta portata del nostro impegno, accettandone i limiti, sapendo che tutto non inizia e non finisce con noi, ma c'è stato sempre un prima e ci sarà sempre un dopo.

giovedì 7 aprile 2016

Sereno è (passione non fa rima con astio)

Foto by Leonora
"La politica è importante, ma la vita è più importante della politica". Lo ripeteva spesso una persona che considero tuttora un maestro, anche se è da qualche anno che se n'è andato.
"La politica è importante, ma la vita è più importante della politica". Non l'ho mai dimenticato, cercando di distinguere sempre la passione dalla foga, la razionalità dall'istinto, il confronto dallo scontro, i principi ideali dal tifo, le ragioni degli altri dai torti, compresi i miei.
"La politica è importante, ma la vita è più importante della politica". Sarà per questo che rimango basito, quasi sconcertato, osservando le reazioni scomposte, violente persino, quando si tratta di argomenti riguardanti il bene che dovrebbe essere comune e che invece ciascuno considera proprio.
Lo noto nelle questioni nazionali, con un livello di astio e volgarità da scandalizzare Attila l'Unno, e pure in quelle più banali del paese dove abito, anche da persone che considero amiche e con le quali non dovrebbe essere difficile trovare un punto di incontro.
Serenità. Serenità è ciò che manca, che serve, che cerco. Serenità di giudizio, serenità nel dialogo, serenità nella consapevolezza che per quanto le decisioni possano essere delicate nulla attiene la vita e la morte e tutto si può cambiare anche senza mostrare i muscoli o alzare della voce il tono.

venerdì 1 aprile 2016

A di Aprile (e Attimo)

Foto by Leonora
Un mese. Un mese esatto, senza nemmeno un rigo, perché se si ha talento limitato o non lo si deve fare per mestiere pure lo scrivere, visto dalla parte del lettore, rischia di diventare arido, banale, noioso.
Un mese è lungo e corto insieme: una campata di ponte in cui ci sta tutto.
Nel mio caso c'è stato sopratutto un libro, che ho letto come scalando una montagna, con un misto di piacere e sofferenza, tanto che il più delle volte non riuscivo ad andare oltre le dieci pagine al giorno. Un libro che mi è entrato sotto pelle, che mi ha stretto il cuore, che ho trovato ricco ed estenuante insieme, evocando esso ancestrali paure e una realtà fotografata allora, negli anni Trenta del secolo scorso, ma che resta attuale oggigiorno.
"Furore". Il titolo è questo. L'ha scritto John Steinbeck ed è un capolavoro.
Insieme a "I Miserabili" di Victor Hugo lo metto in cima alla scala dei romanzi preferiti, poiché entrambi alla sapienza della scrittura e alla prorompente sorgente narrativa abbinano l'interesse per il destino dell'essere umano, la tensione verso un mondo più giusto.
Tralascio qui gli spunti e le riflessioni infinite che mi ha suscitato, preferisco appuntare a futura memoria un momento di felicità perfetto.
Era martedì, stavo finendo il penultimo capitolo disteso sulla pietra calda e piatta di un masso, in Liguria, a Ospedaletti. Il rumore del mare si confondeva con quello del vento, il sole splendeva alto, le dita avvertivano la consistenza coriacea e porosa della carta, leggevo avido parola dopo parola, con la consapevolezza di colui che dopo aver scollinato si lancia in discesa e pregusta il traguardo. Ad un tratto, non ricordo per quale frase, ho avvertito una totale pienezza, un senso di equilibrio assoluto e di sintonia tra ciò che stavo leggendo e il mondo in cui ero immerso.
E' stato un attimo, un attimo di sospensione tra spazio e tempo, un istante di allineamento cosmico, tanto che ho sentito l'urgenza di alzarmi, di neppure guardarmi appresso e di dirigermi a passi lenti fino al termine del molo, avvolto in pensieri indefiniti e precisi al tempo stesso, con la consapevolezza di non poter restare con le mani in mano, di essere chiamato a qualcosa di alto, di utile per gli altri e per me stesso.
Se dicessi che quel "qualcosa" so cosa sia affermerei il falso. Per intanto, colgo l'attimo.