sabato 1 giugno 2013

Lo State of the Net secondo me

Foto by Leonora
Tiro una riga e comincio a scrivere qualche impressione sulla partecipazione a State of the Net 2013, a Trieste. Lo faccio qua, nel blog personale - anche se gli argomenti erano professionali - perché la considero innanzi tutto un'esperienza di vita. Per evitare pomposi e barbosi riassunti, proverò a mettere nero su bianco qualche valutazione, con tanto di voto.
State of the net: voto 8. Verrà un tempo in cui i profeti digitali della prima, della seconda e anche della terza e quarta ora diventeranno un ricordo. Già adesso, rispetto a qualche anno fa, la base è assai più ampia ma eventi come questo hanno ancora il pregio di farti sentire popolo eletto, minoranza avanzata, testimoni del verbo che si è fatto bit ed è venuto ad abitare in mezzo a noi, a loro, anzi, alle decine di milioni di italiani che usano computer, smarthphone, tablet, tosaerba robotizzati e mille altre chincaglierie che un tempo erano ad uso e consumo esclusivo di una nicchia. Il rischio, ora, è quello di parlarsi un po' addosso, di volere ostinatamente differenziarsi più a parole che con i fatti, di essere più accademia che officina. Qualità dei relatori e varietà degli argomenti merita comunque un voto alto.
Molo IV, Trieste: voto 9. Pioveva e non soltanto sulle tamerici. Però la città è splendida e il salone perfetto per una due giorni come questa. Accessibile a chiunque, sia che si arrivi con i mezzi pubblici, con il monopattino o con la nave, lascia a chi arriva in macchina la possibilità di parcheggiare praticamente fuori dalla porta ad un prezzo modesto (sei euro, un giorno) con il posto auto più suggestivo del mondo: metà vista mare e l'altra metà con panorama sulla skyline triestina.
Vincenzo Cosenza: voto 8.5. Chiaro, conciso, efficace. Snocciola dati che servono ad inquadrare il tema. Un'unica pagliuzza che diventerà poi trave una volta in pasto ai media: sul dove si incontrano gli italiani, riporta una tabella corretta che dimostra che Twitter flette rispetto a Facebook, Linkedin, Google+, eccetera eccetera. Poi, a voce - ma bassa, troppo bassa - precisa che il dato non tiene conto del "mobile" bensì soltanto del desktop. Ora, io non ho simpatie per Twitter e certo non sarò un campione significativo, ma se c'è uno strumento che uso quasi solo con il mobile è proprio Twitter. Minimizzare questo aspetto è fare un torto alla verità e lo scrivo senza i toni di un Savonarola, né volontà di sterile polemica.
Media tradizionali: voto 4. E non solo per come hanno riportato acriticamente il suddetto dato di Cosenza (guardare qua per credere il lancio Ansa) ma anche per come si aggiravano i cameramen delle tv tradizionali, con le loro telecamerone betacam, i loro faretti accesi nel buio sulla platea. Ho fatto il giornalista tv per quindici anni, cambiando sei anni fa, eppure quel mondo si è fermato e mi scuserete se l'espressione che avevo era quello dell'antropologo che si trova all'improvviso davanti un redivivo uomo di Neanderthal, sopravvissuto chissà come e chissà perché all'avanzare della storia.
Relatori: voto 9. Di Cosenza ho già scritto e non volendo scrivere un pamphlet mi limito a citare qualche altro. Daniele Bernardi (10) mi conquista per la chiarezza espositiva e perché non si limita alle teorie, raccontanto invece un'esperienza, la sua. David Snowden (7) non mi incanta, però lascia qualche traccia di ragionamento che colpisce come pietra. Marco Caroli (8) mi stupisce per la concretezza e perché anch'egli non porta filosofie in sala, bensì proposte concrete, tipo quella che mi incuriosisce di più: la caccia al tesoro per utenti social. Gigi Tagliapietra (10) nonostante parli in inglese perdendo almeno metà della brillantezza, resta un personaggio istrionico, unico, anche un po' paraculo - mi si perdoni la volgarità - capace di far innamorare di Bach, a cui per altro un filo assomiglia, trattando di internet e complessità. Ci fa ascoltare sei pezzi di musica classica dal vivo, costringendoci per venti minuti a non usare smarthphone, tablet o computer e già questa è una conquista. Luca De Biase (8.5) un po' spento, forse stanco, continuo a pensare che leggerlo sia meglio che ascoltarlo, resta in ogni caso un punto di riferimento, colui che sa pigiare i principi dalla pratica. Marco Zamperini (10) è della stessa razza di Tagliapietra, un divulgatore nato, conosce perfettamente i tempi e le battute del teatro, oltre che la tecnologia. Se anche parlasse tre ore non annoierebbe e già questo la dice lunga. Luca Conti (8) elenca e parla di dati, forse in maniera eccessivamente didascalica e meriterebbe due voti in meno per via della maglietta che indossa. Ha ragione Enrico Marchetto (@EdTv) quando scrive che Shevchenko alla prima conferenza stampa del Milan era vestito meglio.
Lingua inglese: voto 3. Su questo tema ho già polemizzato, ribadisco che gli italiani che hanno scelto di parlare in inglese hanno fatto un pessimo servizio alla divulgazione più ampia. Se come scrive Eleonora Degano (@Eleonoraseeing) il motivo era quello di far capire agli speaker stranieri presenti in sala, sarebbe bastato affiancare loro un paio di persone e fare in un orecchio la traduzione simultanea. L'impressione è che per alcuni si trattasse di un esercizio di stile ("Guarda come sono figo, senti come lo parlo bene, con accento all'ammericana...". Sergio Maistrello, ti stimo davvero ma questo colpo basso è per te), per altri l'adempimento forzato a una richiesta (Luca De Biase), per altri un'inutile penitenza (Luca Conti). Ho parlato con almeno cinque persone in sala che erano presenti il mattino di venerdì e che non si sono fermate il pomeriggio proprio per la difficoltà di comprensione. Non è stato un caso, a mio parere, che degli oltre cinquecento presenti al mattino, nel pomeriggio fossimo la metà e poi la metà della metà.
Partecipanti: voto 10. Chi c'era, ci sarà. Copio uno dei motti più riusciti per invitare alla presenza, lodando lo spirito, l'attenzione, la vivacità intellettuale di buona parte della platea. Ho dei ringraziamenti da fare per chi - tramite Twitter - mi ha fatto vivere meglio e capire più a fondo questa esperienza. Ne elenco alcuni: Federico Giacanelli (@bolsoblog), Eleonora Degano (@Eleonoraseeing), Alba Chiara Di Bari (@AlbaChiaraDB), Chiara Forin (@chiaccola), Giulia Annovi (@AnnoviGiulia), Leonardo Zangrando (@lionzan), Antonella (@Iride_7), Lucia Bruno (@luciabruno), Silvia Zanatta (@silviazanatta), Valentina Bortoletto (@Valukkia), Tiragraffi (@tiragraffi).


2 commenti:

sergio maistrello ha detto...

Ha ha, incasso e porto a casa il colpo basso. Rispetto il tuo punto di vista, se questo ti è arrivato la responsabilità è certamente mia. Ma, davvero, non potresti essere più distante dallo spirito con cui parlo in inglese e dal senso dell'uso dell'inglese durante la conferenza. Grazie per gli stimoli a riflettere.

Giorgio ha detto...

@Sergio: il senso dell'ironia e il rispetto delle opinioni altrui ti fanno onore (non ne dubitavo). Al di là delle impressioni personali e delle buoni intenzioni, credo che sulla lingua da usare in simili eventi andrebbe fatta una riflessione. Conosco e sono testimone della serietà di voi organizzatori, so che la farete. Grazie ancora dell'opportunità che ci avete dato.