giovedì 8 settembre 2011

Aboliamo le elezioni

Ciascuno ha le proprie fissazioni. Una delle mie è quella di non considerare nessuno come un nemico, un avversario e - se proprio proprio - di evitare il danno maggiore, cioè di farmi diventare simile a lui, a loro.
E' una regola, un punto fermo. Per altro sono fortunato, anche a pensarci non mi viene in mente nessuno per cui porto rancore o, peggio, odio. Non ce l'ho nella vita di tutti i giorni, circondato come sono da persone generose, che mi danno assai più di quanto ricevono. Non ce l'ho sul lavoro, pur se qualche furbo non manca. Però potrei sottoscrivere al cento per cento una frase di Enzo Biagi: "Faccio il cronista da quando ero ragazzo: non ho mai conosciuto un personaggio che meritasse il livore, la gelosia, l'acrimonia, persino l'accesa rivalità. Passa tutto molto in fretta e quasi sempre non lascia tracce".
Considero una salutare riserva indiana quella della rivalità sportiva, non la accetto invece nella politica e credo che buona parte del male sia cominciato allorché la sana competizione (per intenderci, quella che esiste tra compagni di squadra per giocare titolare e non sedersi in panchina) si è trasformata in un "di qua o di là", in cui la ragione e il buon senso hanno ceduto il passo al tifo calcistico, alla faziosità, alla partigianeria.
Il risultato è d'una banalità assoluta: individuando e indicando il nemico, si vincono le elezioni e qualche volta la guerra, ma mai il tempo di pace e la sfida per una migliore convivenza.
La crisi che minaccia il nucleo stesso della nostra società non verrà risolta da due punti percentuali di Iva in più né dalla pur equa richiesta di contributo a chi ha redditi dai cinque zeri in su. Occorrono piuttosto nuove regole, un rinnovato patto sociale e soprattutto un diverso spirito di approccio al problema.
Vengo al pratico, con una proposta tanto radicale che io stesso ho timore a evocarla: aboliamo le elezioni. Calma, prima di stracciarvi le vesti, strapparvi i capelli (chi ce li ha) e rotolarvi a terra per lo spregio, leggete ancora qualche riga.
Io credo che sia giunto il capolinea del modello adottato negli ultimi due secoli, quello in cui la gente vota i propri rappresentanti, con il risultato di creare veri e propri professionisti della politica e le degenerazioni di cui scrivevo prima. Non votiamoli più, allora. Sorteggiamoli. Sì, torniamo al buon vecchio Clistene. Ma anche al giovane e ispirato James Surowiechi e al suo "The Wisdom of Crowds" ("La saggezza delle folle", edizione Fusi Orari).
Non è una provocazione, bensì una proposta, una visione, se mi è concesso il termine ambizioso.
Per ora la chiudo qui, ma ci tornerò in futuro.

P.S. Questo post è dedicato all'uomo politico che ho stimato di più: Mino Martinazzoli, scomparso una settimana fa, mentre ero al mare. Probabilmente non sarebbe stato d'accordo con me, con questa proposta, eppure è lui ad avermela ispirata, con una frase pronunciata a Casnate con Bernate, in una delle rare volte che lo incontrai di persona: "Gli innocenti non sapevano che quella cosa era impossibile. E la fecero".

Foto by Leonora

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