mercoledì 31 dicembre 2008

Vorrei (propositi buoni)


"Io lo cancello questo 2008" mi hanno appena detto al telefono. Io no. Non lo cancello questo 2008, pur se mi ha portato lutti e malinconie che non mi abbandoneranno a mezzanotte, così come non si trasformeranno in zucca e topolini i dispiaceri collezionati negli ultimi dodici mesi. Non lo cancello perché ho ricevuto doni attesi da tempo ed è anche per ciò che manca che sono quel che sono. Non lo cancello perché "confesso che ho vissuto" (rubando il titolo alla biografia di Pablo Neruda). So che mi mancherà, il 2008, compreso il fardello dei dolori e delle delusioni. Lo custodirò caro, allora, nei ricordi che mi porto appresso e di cui non sento il peso. E lo custodirò nei propositi buoni per l'anno nuovo, che sono a specchio degli errori commessi in un anno che è passato troppo rapido, lesto. Vorrei assaporare ogni istante, momento per momento. Vorrei ridere di più e meglio. Vedere più film, passare più tempo coi miei figli e con gli amici, attorno a un tavolo o sotto un albero, appena finisce l'inverno. Vorrei essere sorriso per qualcuno e prestare ascolto, con la facilità con cui cammino, dormo, respiro. Vorrei scansare la tentazione senza temerla e trovare pace, fuori di me e dentro. Vorrei camminare in montagna, come non ho mai fatto, andar per boschi e ruscelli e valli. Vorrei piantare un albero in giardino e vederlo crescere in silenzio, lento, talmente lento che nessuno s'accorge che sta crescendo. Così so che sarà l'anno che sta arrivando e che se ne andrà senza che me ne sia accorto, proprio come questo, che pur non è passato inosservato.
Foto by Leonora

lunedì 22 dicembre 2008

Auguri piccoli piccoli


Questa sera doveva esserci un ritrovo di blogger comaschi, per scambiarsi gli auguri e mangiare una pizza in compagnia. L'appuntamento è stato annullato e mi dispiace, pur se è stato deciso di ritrovarci a gennaio.
A tutti quelli che avrei dovuto e voluto vedere stasera e alle persone conosciute o ignote che passano di qui, con un buon anticipo rispetto ai miei standard, un abbraccio e un augurio sincero di buon Natale. Che sia a misura d'uomo. E che abbia occhi e cuore di bambino.
Foto by Leonora

sabato 20 dicembre 2008

La crisi in controluce


Giovedì sono stato ospite della cena di Natale della redazione di Tale&a, una rivista comasca di architettura e dintorni, che ha anche una versione on line e rimane per me esempio mirabile di come si possa riuscire in imprese ardite (qual è ideare e realizzare una rivista in tempi in cui chiudono testate assai più solide e prestigiose).

Un segreto credo consista nella figura di riferimento (Sergio Pozzi, ingegnere e imprenditore con un'apertura mentale invidiabile) e nella redazione giovane e dinamica, che abbina competenza e passione. Sta di fatto che terminata la serata sono uscito più ottimista riguarda al futuro e a quella che tutti prospettano come la grande crisi del 2009 ("A gennaio non abbiamo più ordini né commissioni" sento ripetere da più parti).
Foto by Leonora

mercoledì 10 dicembre 2008

Inseguendo una libellula in un prato (o dell'albero genealogico di un mestiere)


Nessuno di noi nasce dal nulla, nemmeno professionalmente. Qualche giorno fa, commentando una fotografia che Mauro Maggi ha pubblicato sul gruppo FB di Espansione Tv, mi è capitato di pensare alle persone che mi hanno portato a lavorare lì e ho invitato anche gli altri a raccontare per quali strade si sono poi trovate accomunate. Un gioco, nulla di più. Un gioco per costruire una sorta di "albero genealogico" della televisione di Como, dove nel 1989 ho aiutato a fare una telecronaca e da cui me ne sono andato pochi mesi or sono, a giugno.
Lo scrivo qui, perchè da quel giorno penso di mettere qui, per esteso, le persone a cui devo essere grato per essere arrivato, nel bene e nel male, al presente in cui mi trovo.
Dunque, in principio c'era Stefano Guzzetti, mio compagno di liceo, che terminate le scuole superiori cominciò a scrivere qualche articolo per La Gazzetta di Como, diretta da Angelo Curtoni e dove lavoravano, tra gli altri, Francesco Angelini, Roberto Festorazzi e Lilliana Cavatorta. Un giorno, era la metà degli anni Ottanta, Stefano disse a me e al mio ex compagno di banco (che mi aiutò a superare la maturità) Mauro Colombo se eravamo interessati a scrivere qualche articolo di basket sulla Pallacanestro Cantù.
La faccio breve: prima con Mauro e poi da solo scrissi su Cantù e anche sulla Comense di basket femminile. A Cantù conobbi Dino Merio, a cui mi rivolsi quando La Gazzetta di Como chiuse. Lui mi affidò una rubrica su Cantù Basket e un giorno, quando il telecronista ufficiale della Comense (Eugenio Cremona) se ne andò in gita con le classi del collegio Gallio, lo stesso Dino Merio mi propose di fargli da seconda voce. Fu la mia prima telecronaca e balbettavo, faticando persino a far uscire dalla gola un filo di voce. Era il 1989, credo. Qualche mese dopo Lilliana Cavatorta, che in tv lavorava, mi domandò se ero interessato a realizzare i servizi di basket per il tg e con Giovanna Salvadori come conduttrice ci cimentammo anche in dirette televisive la domenica pomeriggio. Intanto frequentavo l'Università Cattolica e con La Provincia cominciai una collaborazione, realizzando articoli riguardanti il mio paese. In redazione, allora in Via Anzani, c'erano Giorgio Brusadelli, Marengo e Barocco. Conservo ancora i ritagli di quel tempo, che durò non a lungo (ad Olgiate l'ombra lunga i Roberto Caimi giunse fino a Lurate oscurando le mie velleità e inducendomi a ritirarmi in buon ordine, mantenendo invece il rapporto con la tv).
Nella seconda metà degli anni Novanta, l'attuale direttore dei programmi di Etv, Carlo Nicolella, chiese al vice direttore del telegiornale, Mario Rapisarda, se conoscesse qualcuno da utilizzare come inviato per una nuova trasmissione pomeridiana che aveva in mente. Credo che la concorrenza fosse più che scarsa, poiché Mario propose me. Mi misero alla prova all'inaugurazione della pista del ghiaccio, in piazza Cavour. Avrebbero dovuto esseri ospiti, ricchi premi e cotillons, invece per due ore mi ritrovai solo, in diretta, di fronte a una telecamera. Intervistai i passanti al volo e nei non rari momenti vuoti, non mi persi d'animo, chiacchierando del più e del meno. Fu così che Nicolella si convinse di ingaggiarmi per la trasmissione chiamata Al 9000, condotta da Elda De Mattei e con il sottoscritto "live", dai posti più disparati (persino in mezzo a un gregge di pecore) tutte le sere. Nel frattempo Adolfo Caldarini, direttore del tg di Espansione, tornò a Como per fondare un nuovo giornale (Il Corriere di Como) e sempre con Mario Rapisarda mi chiese di collaborare, scrivendo sempre di basket e poi affidandomi una galleria di personaggi da intervistare, pubblicando l'articolo a tutta pagina, ogni domenica (alla fine ne collezionai oltre duecento, tra cui Gianfranco Miglio, Gianni Clerici, Giuseppe Pontiggia, Massimo Fini: sono tutte in Internet e il link lo trovate nei banner di questo blog). Nel 1999, gli stessi Caldarini e Rapisarda mi offrirono un lavoro a tempo pieno: capo redattore del telegiornale di Etv. Per me era toccare il cielo con un dito. Per dieci anni sono stato lì, fino a che, nella primavera di quest'anno, Giorgio Gandola mi ha chiamato a La Provincia, con una decisione coraggiosa ai limiti della sfrontatezza, per la quale non gli sarò mai abbastanza grato.
Riassumendo: da Stefano Guzzetti a Giorgio Gandola passando per Dino Merio, Lilliana Cavatorta, Carlo Nicolella, Adolfo Caldarini e Mario Rapisarda. Se non ci fossero stati loro, non sarei dove sono. Forse l'umanità ne avrebbe tratto migliore giovamento se a quest'ora costruissi case o raccogliessi rottami metallici o insegnassi in qualche scuola invece di fare il giornalista, ma tant'è. Di una cosa però desidero si conservi memoria: a loro, a tutti loro, sono grato. E non c'è mattina che mi alzi senza sentire la responsabilità di ripagare la fiducia che essi, di volta in volta, hanno riposto in me.
P.S. Sabato, alle 18, ad Appiano Gentile ci sarà una messa in suffragio di Stefano Guzzetti, morto di leucemia quando aveva vent'anni. Io quel giorno lavoro, ma farò di tutto per esserci. Come ho scritto qui, gli devo più di molto: gli devo tutto.

Foto by Leonora

domenica 7 dicembre 2008

Svizzera, pregiudizi e carta carbone


Premesso che due tra le persone che più ammiro (Luca Mascaro e Andrea Perotti) sono "Made in Switzerland", oggi mi sono fatto quattro risate in c0mpagnia del mio amico Andrea L., che da qualche mese lavora come agente di commercio in Ticino. Sostiene Andrea che in Svizzera sono "un po' indietro", motivando il giudizio affermando che a volte, quando dice: "D'accordo, le mando una mail", viene ricambiato da uno sguardo tra il sorpreso e il diffidente. Oltre ai vocaboli curiosi ("Natel" invece di cellulare; "Azione" e non sconto"; "Comanda" al posto di ordinazione), ci sono anche le cautele per evitare guai con la giustizia ("Viaggio in macchina come un pensionato", mi ha detto Andrea, aggiungendo di esser terrorizzato anche dal divieto di sosta con i gendarmi che lascerebbero segni con il gessetto per verificare se si sposta realmente l'auto o ci si limita furbescamente, all'italiana, a girare il disco orario). Ma il meglio - o il peggio, dipende dai punti di vista - l'ho sentito quando mi ha detto che il computer non tutti gli uffici ce l'hanno e pochi giorni fa gli è stata rilasciata una ricevuta scritta con la carta carbone. "La carta carbone!" mi ha detto Andrea. "Non la vedevo da vent'anni!"

Così è e non appare. Pur se lo stesso Andrea L. mi ha confessato che ora che lo conosce meglio, il Canton Ticino è un luogo davvero a misura d'uomo, dove abitare - una volta fatta l'abitudine con certi anacronismi - dev'essere gradevole.

P.S. A Luca Mascaro, Andrea Perotti e tutti gli amici d'oltre confine: chiedo scusa per questo post, se suona offensivo. Nelle intenzioni non vuole esserlo, al massimo ricordo da me che l'Italia, per buona parte del mondo, resta pizza, sole e mandolino.
Foto by Leonora

mercoledì 3 dicembre 2008

Quel (molto) che resta del canestro


Ieri l'altro, per una circostanza fortunata, mi è capitato di pensare a quando facevo l'addetto stampa alla Comense e ancora prima, quando scrivevo i primi articoli di pallacanestro, e tutto mi sembrava meraviglioso e bello e buono. Devo dire grazie a Barbara Giordano, che me li ha fatti tornare in mente, che mi ha fatto per qualche secondo tornare al chiuso della palestra Negretti, quando il PalaSampietro non era nemmeno una linea su un foglio di progetto. Un salto all'indietro lungo vent'anni, sul parquet del palazzetto di Muggiò e su quello della palestra del collegio Gallio, dove la prima squadra si allenava due sere la settimana e non c'erano soldi e telecamere e contratti da migliaia di euro - come poi per le atlete vennero, negli anni d'oro - ma solo donne e ragazze toste, che giocavano per una passione che covava loro dentro. Ero un giovanotto pieno di buona volontà, che si aggrappava ai propri sogni, un cucciolo migliore - per rigore e coerenza - all'uomo che sono adesso. Ho conosciuto, ho incontrato tante ragazze ma ero fidanzato e con nessuna di loro non dico di aver avuto una storia, ma nemmeno un bacio. Eppure debbo a loro molta parte della stima che da allora ho provato per me stesso, per il bene che mi hanno voluto, per la spensierata allegria che pur nel corso degli anni ho dimenticato e che ieri l'altro, seduto sul divano di casa, mentre leggevo poche righe sul computer, d'improvviso ho ricordato.



Foto by Leonora

lunedì 1 dicembre 2008

Un brindisi alla buona informazione


Chiudo qua la questione già trattata in questi due precedenti post (uno e due): il giornalismo - inteso come professione - ha un futuro, poiché certi argomenti sono affrontabili soltanto se si mettono a disposizione risorse e competenze specifiche. L'inchiesta sulla trasparenza dei politici ne è un esempio: entrare in possesso di dati, confrontarli, metterli in relazione e poi trarne una sintesi, sarebbe assai arduo se una o più persone non vi si dedicassero a tempo pieno. Il citizen journalism, in cui credo fermamente, ha dei limiti per cui può essere la benzina o i componenti di un motore, ma difficilmente sarò l'intera automobile. Ciò non toglie che il futuro della professione si giocherà sempre più sull'essenzialità della propria missione e meno sull'impermeabilità di una casta.

P.S. Stamattina l'avvocato Malavenda ha tenuto una lezione al nostro giornale, sul diritto all'informazione e il dovere alla privacy (contorni e confini, dove finisce una e comincia l'altra e viceversa). Abbiamo speso diversi minuti per entrare nei casi specifici (quando si può nominare e mettere la fotografia di un minore; perché si possono mettere i dati di un ferito in un incidente; che tipo di notizie si possono pubblicare sugli indagati di reato...), mentre sulla vicenda di cui ci stiamo occupando, cioè sugli intrecci tra politica e affari, l'avvocato ha risposto in un nanosecondo, citando proprio la legge sulla privacy. Punto. Tutto qui (domani comunque pubblichiamo lo stralcio della legge sul giornale). Lo scrivo per chi volesse seguire l'esempio de La Provincia e temesse ripercussioni legali. Niente pericoli e neppure alibi.


Foto by Leonora (la cui foto dimostra che apprezzo quando fotografa la bellezza, sia essa in un fiore, in un sasso, in un volto di donna e anche di uomo)