lunedì 31 marzo 2008

Blog? 'Sta nicchia!


Giusto per uno spunto di riflessione, rivolto non soltanto a chi si occupa di informazione, segnalo questo post di Roberto Dadda, che senza dilungarsi dice questo: "Non conosco praticamente nessuno che legga regolarmente i blog che non sia un blogger".
Io qualcuno lo conosco, ma sono parenti e amici, e non credo possano smentire nei fatti la constatazione di Roberto.
Resta da capire (ma mi rendo conto che è un interpretar la sfera di cristallo) se questo sia un destino irreversibile oppure un fenomeno contingente.
Se si accetta come presupposto che chi legge i blog ha un atteggiamento più "attivo" nei confronti dell'informazione, il bivio che si prospetta potrebbe essere questo: un numero sempre maggiore di tali persone oppure un futuro di nicchia, com'è il presente.
Foto by Leonora

domenica 30 marzo 2008

Dieta comunitaria


Sempre a proposito di "comunità" che si crea attraverso i blog, più o meno la mia corrisponde a quelli presenti nel mio aggregatore, tramite feed.
In tutto, al momento, sono 33 blog (di cui una quindicina appartenenti a persone che conosco anche nella vita reale, per amicizia di lungo corso oppure per averli incontrati almeno una volta nella vita reale).
Leggo su un post di Luca Conti che, causa "dieta", sul suo aggregatore è recentemente passato da 402 a 223 feed.
Ricordo che Gaspar, nell'ormai mitico pizza blog in cui ho conosciuto lui e buona parte dei 33 blogger a cui accennavo prima, oltre ad avermi illustrato le virtù dei feed (che per me restavano oggetto misterioso, mentre oggi non saprei farne a meno), nel suo aggregatore ne aveva qualche centinaio.
Mi piacerebbe sapere quanti ne hanno Marco, Frenz, Giovanna, Valentina, Andrea, Elena, Luca, Leonora e tutti gli altri "amici" che passano di qua e se li considerano la loro "comunità".
P.S. Il post di Luca Conti è interessante, poiché parla di tempo perso e guadagnato. Darci una sbirciatina, a mio parere, è tempo guadagnato.

Foto by Leonora


giovedì 27 marzo 2008

ReBABELot


Ieri sera, mentre l'Italia giocava stancamente con la Spagna, ho passato una buona mezz'ora ad aguzzare la vista per leggere i commenti ad un post di Orientalia sul micro schermo del mio smart phone (robusto l'Htc 730 che da un mese, con sforzo economico non indifferente, mi ha regalato Isabella. Stamattina l'ho dimenticato sul tetto dell'auto e sono partito come un somaro con la testa tra le nuvole: me ne sono accorto alla prima curva, sentendo un tonfo e intravedendo dallo specchietto retrovisore pezzi di plastica che volavano. Mi sono fermato, sono sceso, ho bloccato un camion che stava sopraggiungendo, ne ho raccattato i pezzi, l'ho rimontato e - incredibile ma vero - funziona ancora, pur con qualche ammaccatura).
Il post si riferisce alla chiusura temporanea di Blog Babel e ho letto tutti i commenti per cercare di capire qualcosa e farmi un'opinione.
Nonostante lo sforzo dei bulbi oculari, non ce l'ho fatta: ho capito poco e non mi sono fatto un'opinione.
Ne parlo qui, perché i toni mi hanno ricordato un altro sfiancante contenzioso via web, ormai risalente a parecchi mesi fa, sul sito "Vivere a Como", tra il mio amico Marco e un gruppo di persone che tenevano allora un programma a CiaoComo Radio. Oggi come allora mi aveva colpito (in tutti i sensi) la durezza, l'asprezza della polemica, che pregiudicava ogni discussione e dunque confronto.
Allora mi ero fatto l'idea che per andare d'accordo o per trovarlo o per restare serenamente delle proprie opinioni bisognava essere in due e, in ogni caso, pensare di creare concordia in un mondo complesso è difficile, per cui tanto vale non essere troppo permalosi e "scuotere la polvere dai propri sandali", accettando che anche altri la scuotano dai loro, per non dividere nulla con noi.
P.S. In ogni caso, dalla semplice lettura dei commenti, al di là del fatto che alcuni sono più simili al mio modo di esporre le questioni, altri invece risultano più ruvidi (molto più ruvidi), davvero io non mi sono fatto un'opinione su torti e ragioni, trovandone da ambo le parti.
Foto by Leonora

mercoledì 26 marzo 2008

Ad onor del vero


Per quattro giorni muto, poi tre post in un giorno: dei giornalisti proprio non ci si può fidare. A quanto pare neppure di tanti altri. Recentemente (credo di ricordare fosse il giorno di Pasqua, a tavola, con le persone a cui voglio bene) si stava parlando di politica (e sì, da noi si usa ancora parlarne, discutere, accalorarsi) e a un certo punto si è fatta strada la notizia che si vota il 13 e 14 aprile poiché se si fosse votato anche soltanto una settimana prima i parlamentari attuali non avrebbero maturato il diritto a ricevere una (cospicua) pensione.

A questo proposito, pur non essendo mozzarella, di bufala possiamo parlare, come spiega la seguente mail a firma di un'onorevole comasca:


Io sono uno di questi deputati e non mi risulta proprio di aver maturato la pensione se si vota il 13 aprile. Intanto la pensione si matura facendo una legislatura completa (5 anni) e la si prende (dopo la riforma fatta dal primo governo di centrosinistra) all'età pensionabile ( a meno di avere fatto un numero elevato di anni di attività parlamentare, non so esattamente quanti).
Chi non ha fatto una legislatura completa ha il diritto di continuare a versare i contributi fino a completare il periodo di cinque anni purchè il mandato sia durato almeno due anni e sei mesi.
Dato che questa legislatura è durata solo due anni nessun diritto alla pensione è stato acquisito da chi non si ricandida o non sarà eletto. E quanto al non far nulla le assicuro che chi alla Camera fa il proprio dovere (io credo di averlo fatto) la vita è davvero massacrante, tanto è vero che, pur avendo un posto di parlamentare assicurato, ho deciso di non ricandidarmi. Questi messaggi servono solo ad allontanare gli elettori dai loro rappresentanti e questo non fa certo bene alla democrazia italiana.
Cordiali saluti
on. Rosalba Benzoni


Scusate, ma è una precisazione che dovevo ai commensali e anche a me stesso, che nell'averla appresa quasi mi rovinavo la digestione di quel banchetto luculliano che a casa mia, a Pasqua, c'è stato (magna magna sì, però genuino).
Foto by Leonora

L'offerta che si può rifiutare


I media tradizionali sopravviveranno, ma dovranno adeguarsi.
Prendiamo la televisione. Io sono abbonato a Sky e prima ancora lo ero a Stream (passano gli anni: i più giovani non sanno neppure cos'era Stream, ma c'è stato un tempo in cui l'offerta satellitare prevedeva due concorrenti: Tele Più e Stream. Io avevo Stream (che in generale era più "sfigata") perché a Tele Più era abbonato mio cognato e così, insieme, potevamo vedere tutti gli anticipi e posticipi della Serie A e con Stream pure la Champions League)
Attualmente pago 42 euro al mese per vedere i canali Sky di intrattenimento, quelli di informazione, cinema, sport (in pratica, mi manca solo il calcio al completo).
Il tempo che dedico alla tv è ridotto e l'offerta del satellite tanto ricca che la televisione su frequenze analogiche finisco per guardarla pochissimo, anche perché si fa del male da , cambiando continuamente i palinsesti e non garantendo certezze nella programmazione, sia per i contenuti sia, soprattutto, per gli orari.
Esempio. Io guardo "I Soprano" sulle reti Mediaset, che ne detengono l'esclusiva (ci sono anche sul satellite, sul canale Cult, ma sono vecchie repliche).
Prima li trasmettevano su Canale 5, in serate "variabili" (nel senso che, anche all'interno della medesima stagione, potevano esser fissati al sabato e poi spostati al martedì, senza preavviso), con un orario da terno al lotto, con cambiamenti e slittamenti anche di mezz'ora o di un'ora rispetto al palinsesto pubblicato dai giornali. Ci sono state persino stagioni annullate prima della puntata conclusiva, senza spiegazione alcuna.
Attualmente "I Soprano" sono stati spostati su Italia 1, il venerdì sera, con orario sempre differente anche se non più ballerino (per il momento, almeno). In compenso, a volte viene proposta una singola puntata, a volte due puntate una di fila all'altra.
Ho fatto l'esempio de "I Soprano", purtroppo è così per molti altri spettacoli, film, telefilm e quant'altro. E si tratta di una televisione commerciale, che dunque al telespettatore dovrebbe offrire un servizio di qualità, per non rischiare di perderlo.
Invece mi hanno perso e, pur spendendo a malincuore 42 euro al mese, non mi pento di avere l'abbonamento a Sky. Se televisione dev'essere, televisione seria sia.
Foto by Leonora

L'equilibrio nell'informazione


Lo so, questo post avrei dovuto scriverlo 4 giorni fa. Recupero ora, anche se in questi giorni noto che l'umanità ne ha fatto serenamente a meno.
Argomento: informazione. Semplicemente per rimandare a tre blogger che ne parlano.

Il primo è Andrea Beggi, che argomenta sul "giornalismo partecipativo".
Il secondo è Roberto Dadda, che riflette sul futuro dei giornali.
Il terzo è Charles Cooper, che (in inglese) parla dell'impatto della tecnologia sui media tradizionali.

L'idea generale che mi sono fatto è questa: il futuro porterà dei cambiamenti, ma essi saranno meno rapidi di quanto si supponeva qualche anno fa e, soprattutto, i media tradizionali non saranno soppiantati, bensì sopravviveranno, trasformandosi ed adeguandosi, senza perdere il nucleo della loro specificità.
Foto by Leonora

venerdì 21 marzo 2008

Post Crucis


C'è un post che scalpita ma che metto in aspettativa (ho in mente cosa dire, a proposito di informazione e tra un paio d'ore - in pausa pranzo - credo di scriverlo e pubblicarlo).
Adesso però qualche riga vorrei spenderla per altro.

In occasione del centesimo post ho citato le molte (non tutte) persone a cui sono grato e che formano una sorta di comunità, di cui mi sento fieramente e lietamente parte (un concetto che ho ripreso commentando un post di Andrea).

Una "comunità" che si è formata per strati:
  • in parte persone già conosciute,

  • in parte casualmente,

  • in parte per proprietà transitiva ("Ho conosciuto Elena che conosceva Valentina che conosce Orientalia"...).

Tra le caratteristiche di questa "comunità", che in parte mi è capitata e in parte mi sono scelto, apprezzo assai il suo essere "eterogenea".

Prendiamo l'argomento religione: non tutti la pensiamo allo stesso modo, molte persone che ammiro sono decisamente critiche, per non dire caustiche o sprezzanti, sull'argomento. Ciò non toglie nulla della stima che provo nei loro confronti, così come non mi vergogno di rendere pubbliche e sostenere le mie opposte convinzioni, nella certezza che gli schemi, utili in molte discipline, nel rapporto umano finiscono con il rivelarsi dannosi, oltre che poveri.

Tutta questa premessa per dire che oggi è Venerdì Santo e io di quel Cristo sulla croce, nonostante i molti passi che mi hanno allontanato dal ragazzo che ero, non me ne scordo.
Foto by Leonora

mercoledì 19 marzo 2008

"Yes, week-end"


Si avvicina il lungo week-end pasquale, che per il sottoscritto si ridurrà a sabato, domenica e lunedì: già un lusso rispetto all'anno scorso.


A proposito di accontentarsi, una breve riflessione che prende spunto da uno dei tormentoni veltroniani, quello dell'ascensore sociale.


"Voglio vivere in un paese in cui il figlio dell'operaio può diventare avvocato e questo adesso in Italia non succede" ripete Uolter e noto di non esser l'unico a pensare il contrario, cioè che fossero i figli degli avvocati a dover fare gli operai (cito da Max: "Formaggino sogna proprio un paese in cui il figlio dell’operaio può fare l’avvocato, invece io e Davidone sogniamo il contrario cioè un paese in cui finalmente il figlio dell’avvocato possa fare l’operaio senza sentirsi per questo un reietto o che debba fare l'operaio invece che farsi di coca ai festini con i trans se si capisce subito fin dalle medie che è un cazzone").

Al di là di questo moto istintivo, che solo parzialmente può essere ricondotto ad ataviche recriminazioni di lotta (e sconfitta) di classe, mi domando se alla fine davvero l'operaio conduce un'esistenza più misera di quella dell'avvocato.


Conosco operai sereni della loro condizione, che non si fanno mancare nulla (in proporzione alle loro aspettative) e avvocati costantemente frustrati e insoddisfatti (incapaci di conoscere una qualsiasi proporzione nelle loro aspettative). I miei figli vorrei rientrassero nella prima categoria, piuttosto che nella seconda.


Anche perché, se il metro di giudizio sono i soldi, l'avvocato guadagna di più (troppo, decisamente troppo) dell'operaio e non c'è storia. Per quanto riguarda il resto invece, cioè il grado di soddisfazione, la serenità, il sentirsi realizzato, la felicità anche, il rapporto non è altrettanto scontato.


Il tutto, credo, si riduce alla cultura, intesa come il sistema di conoscenze e valori di riferimento, che costituiscono l'essere umano non per quello che fa (avvocato o operaio, appunto) bensì per quello che è.


Il paese in cui vorrei vivere è un paese meno povero culturalmente. Se così fosse, non sentirei il bisogno di un'ascensore sociale: salirei a piedi.

Foto by Leonora

martedì 18 marzo 2008

"La Provincia" on line: un parere


Da oggi "La Provincia", il quotidiano di Como, Lecco, Sondrio e Varese, ha una nuova versione on line.

Facendo questo mestiere e avendo a cuore il mio territorio, nella convinzione che la crescita di un mezzo d'informazione sia di per sé una "buona notizia", anche per gli altri, chiedo a chiunque passa di qui un parere.

Vorrei sapere da voi cosa ne pensate, virtù e difetti, limiti e opportunità che offre. Consideratelo un regalo che vi chiedo per "festeggiare" i cento post di ieri.


Foto di Leonora

Pro memoria per spiriti liberi


Mario Missiroli, che dirigeva il Corriere della Sera ed era un giornalista sopraffino, ma non cuor di leone, soleva lamentarsi delle ingerenze dei potenti di turno, confidando a Montanelli: "Ah, se avessi un giornale!".
A volte ne vorrei uno anch'io, per dare voce a chi meriterebbe di essere un giornalista e invece si occupa (probabilmente con soddisfazione) di altro. E' il caso di Massimiliano, il cui racconto del comizio di Veltroni, che ha fatto in questo post, è migliore di qualsiasi altro reportage sull'argomento che abbia letto sui giornali in questi giorni.
Lo segnalo perché merita e per dimostrare due cose: non importa l'opinione politica personale quando c'è onesta intellettuale e amore per il vero; la sinistra si distingue dalla destra per l'autoironia e il disincanto, ottimi antidoti contro ogni retorica e tentazione di potere fine a se stesso (attendo smentite con esempi concreti, che non siano articoli di quell'eccezione che è Pietrangelo Buttafuoco).
Foto by Leonora

lunedì 17 marzo 2008

E cento...


E cento. Sì, questo è il centesimo post. Ho iniziato (un attimo che vado a controllare, perch'é notorio che gli uomini non ricordano le date) ho iniziato con un post il primo ottobre, in un giorno che mi accorgo ora essere speciale, San Remigio, poiché quand'ero piccolo iniziavano le scuole, e mi ritrovo ora, che la scuola l'ho già finita da un pezzo e con un sacco di persone da ringraziare.
Questo centesimo post, vorrei dedicarlo innanzi tutto a coloro che in questi mesi mi hanno scritto e a cui non ho risposto, non almeno contraccambiando l'attenzione ricevuta e con la cura che avrebbero meritato. Mi riferisco a Giovanna, all'altra Giovanna, a Ziz82, Lorenzo Lazzari, Sergio, Stefania e agli altri che non ho citato.
A loro e a Mauro e Marco Miglia, Vale e Andrea, Massimiliano con i suoi Pensierimagri, Elena Trombetta, Maria Luisa LG, Paolo Moretti, Frenz Lietti, Gaspar, Leonora, Luca Mascaro e tutti i mitici componenti della Sketchin, Alessandro Baffa, Sir Drake, Andrea Perrotti, Palmasco, Francesco Goffredo, Quasi.dot, Luca Zappa e gli amici del Pizza Blog di Como. Ma anche ai più lontani ma egualmente vicini nel web, Luca De Biase, Luca Conti, Luca Tremolada, Massimo Mantellini, Giuseppe Granieri, Marco Montemagno, Roberto Dadda, Andrea Beggi e la Fra. A tutte queste persone (persone, sottolineo) che ogni giorno mi fanno compagnia e mi aiutano a crescere, va il mio grazie e la dedica di questo centesimo post. Davvero li sento una "comunità", di cui sono felicemente parte.
Foto by Leonora

sabato 15 marzo 2008

"Maltràinsema"


Isabella (mia moglie) mi accusa di esser pigro e di fare poche cose insieme al resto della famiglia. In effetti il sabato e la domenica o lavoro o m'impoltrisco, così oggi ho giocato un tiro mancino. Biciclettata e lezione di democrazia, con annesso comizio di Veltroni in riva a Cernobbio. Per l'entusiasmo pensavo peggio, accettano tutti sorridendo: forse davvero ha ragione Isabella, sono talmente rare queste occasioni che va bene tutto.
Alle 11 ritiriamo da scuola i due figli maggiori (Giacomo, 11 anni, Giorgia, 8) e con il più piccolino (Giovanni, 5) ci rechiamo a Como, dove scarichiamo dall'auto le bici e ci dirigiamo nel luogo prescelto.
La faccio breve. Il Partito Democratico a Como non vincerà mai. Lo dico con dispiacere, poiché l'alternanza è uno dei cardini della democrazia, come ho tentato di spiegare più tardi a Giacomo, mentre era alle prese con una piadina colma di Nutella e mi guardava tra il serio e lo sgomento. Mi spiace anche perché ne fanno parte tante persone per bene, animate da un ideale e da una passione, che con il potere centrano come i cavoli a merenda e a dargli fiducia sarebbero utili per migliorare almeno un poco le cose.
Non vincerà mai, perché non si è in molti, ma soprattutto perché ci sono troppi pasticcioni. "Maltràinsema", per dirla alla lombarda.
Il comizio di Veltroni, ad esempio, era stato annunciato in pompa magna, c'era anche la diretta di Etv, la riva di Cernobbio, che è vasta quanto la piazza rossa con la differenza che non è quadrata, era colorata di bandiere e persone (si perdevano, in tutto quello spazio, ma non erano poche). Tutto perfetto, insomma, tranne che per un particolare: Veltroni non sapeva di dover fare il comizio. Sì, non lo avevano avvisato oppure è stato il suo staff a non aver capito (e sarebbe ancora più grave).
"Vieni a salutare" gli avevano detto e, pur essendo lui sveglio, era impossibile conciliare le aspettative di chi attendeva un discorso alla Barack Obama e si è ritrovato qualche minuto di contentino.
Eppure sarebbe bastato poco. Un comizio lo aveva fatto il giorno prima a Varese e a Lecco, un altro lo avrebbe fatto a Monza, poco dopo, cosa ci voleva a preparare un intervento ad effetto a Como? Senza scomodare il mago del blitz propagandistico, Karl Rove, bastava mezz'ora di pazienza e un po' di creatività e di coraggio.
Era già, a Cernobbio, per il meeting Ambrosetti, cosa ci voleva a farlo uscire da Villa d'Este in bicicletta (bicicletta normale, mica da corsa, che poi gli toccava mettere i calzoncini attillati e non c'è neanche da immaginarselo): ci avrebbero scritto un titolo tutti i giornali nazionali. Cosa ci voleva a dargli in mano un foglietto un quarto d'ora prima, con due o tre appunti specifici per Como. Tipo: "Il governo Prodi è l'unico che negli ultimi quindici anni ha portato soldi per le strade lariane"; "Qui la Lega ha percentuali altissime e i soldi se ne vanno sempre in un'altra provincia"; "Ho voluto parlare qui, a Como, proprio perché so che è il posto più difficile dove prendere voti, ma ho il coraggio di dire che la nostra rivincita può partire da qui"; "Guardate alle spalle il ben di Dio che abbiamo, il lago, le montagne: il nostro partito ha a cuore lo sviluppo ma a patto che sia a misura d'uomo, perché dovremo lasciare tutto ciò in eredità ai nostri figli e non possiamo sciuparlo".
Due o tre cose, insomma, di contesto.
Al Partito Democratico, perché abbia qualche possibilità di vittoria, manca la componente "funzionalista", ciò quella che fa funzionare le cose, a cominciare da quelle interne a un'organizzazione, che per definizione deve esser tale: organizzata.
Detto ciò, è stata una bella giornata. Uolter è Uolter, i bambini sono stati contenti della passeggiata, Isabella pure, e io anche. E giuro che sarei tentato di portarli domani, per par condicio e perché la lezione di democrazia sia compiuta, alla visita comasca di Berlusconi, con toccata e fuga in piazza Duomo. Non lo farò perché danno brutto tempo e, soprattutto, perché al gazebo della PdL distribuiscono le "mutande" di Prodi e c'è un limite a tutto. Lo so che è solo uno scherzo, una goliardica trasposizione nei gazebo della comicità del Bagaglino. Non ne faccio un dramma, ma se la tengano: a me di grasso piace solo quello del prosciutto crudo tagliato finissimo.
Foto by Leonora

giovedì 13 marzo 2008

Buoni sentimenti 2


Buoni sentimenti 2 (solo per i teneri di cuore)

Ieri, sul blog di Luca Conti (Pandemia) ho letto una frase che mi ha colpito.
In occasione del terzo compleanno di ITCBlog, Luca dedica all'anniversario un post che inizia così: "Sarò sempre grato a Luca De Nardo, uno dei primi a credere in me". La trovo una cosa banale, scontata e bellissima.
Credere in qualcuno, qualcuno che creda in noi. Professionalmente, intendo.
Oggi invece ho letto un altro post, di De Biase (e sì, Valentina, proprio Luca De Biase, fattene una ragione :-), in cui si parla di aziende redditizie e persone felici. Oggi ero a pranzo con due mie colleghe/amiche, Manuela e Valentina, e si parlava di lavoro (anche se per quasi tutto il tempo siamo riusciti ad evitare l'argomento) e si diceva che non esiste il paradiso terrestre, che ogni posto ha le sue spine, che bisogna accontentarsi, rassegnarsi, farsene una ragione.
E' proprio così? Io mi ostino a credere di no. Io mi ostino a credere che qualcuno crederà in me per ciò che sono e non per il servizio che svolgo. Io mi ostino a credere che qualcuno crederà in me per quello che do, ma soprattutto per quello che posso dare. Io mi ostino a credere che credere in qualcuno è l'unico modo perché qualcuno, prima o poi, creda in me.
P.S. Luca Conti, Luca De Nardo, Luca De Biase... Io mi ostino anche a credere che qualcosa, nei nomi, non mi torna. O torna troppo.
Foto by (Luca) Leonora

mercoledì 12 marzo 2008

Buoni sentimenti 1


Buoni sentimenti 1 (solo per chi ama il calcio)

Non è vero che le disgrazie sono inutili. Prendiamo lo sport, prendiamo il calcio, prendiamo la migliore (per me) squadra del mondo: la Giuventus.
Vincevamo, eravamo antipatici (quanto mi piaceva essere antipatico!), hanno detto che parlavamo con gli arbitri (solo noi), hanno detto che dovevamo andare in B, ci hanno mandato, ci hanno tolto uno scudetto, ci hanno portato via i giocatori migliori (non tutti), ci hanno fatto girare le scatole come l'elica d'un elicottero Agusta A119 detto il "Koala". Credevo che dal male sgorgasse solo male e in effetti per un annetto, se si entrava in argomento, mordevo veleno. Qualcosa però è cambiato. Me ne sono reso conto l'altro giorno, guardando i festeggiamenti per il centenario dell'Inter (ora riesco anche a dirlo: Inter; prima era come il fegato per Fonzie, che non riusciva neppure a pronunciarne il nome). Dico la verità: a vedere tanti campioni del passato uscire dal tunnel e ricevere gli applausi di San Siro mi ha intenerito. Avrei abbracciato Altobelli! E tutti gli altri avrei abbracciato, anche Mazzola, Firmani, Corso, Ruben Sosa, Panchev (ch'era invitato, ma non s'è presentato: ha mancato anche questo appello, come quasi tutte le occasioni da gol) e persino Moratti, che fino al giorno prima il pensiero più gentile che potevo provare per lui era un calcio nel sedere dato di punta. Così non ho "gufato", ieri sera, quando hanno giocato con il Liverpool. Un po' perché ero ancora inebetito da quel colpo di amore cosmico, un po' perché ho imparato sulla mia pelle che ogni "gufata" prima o poi torna (con gli interessi) indietro. L'Inter è uscita lo stesso e se dicessi che mi spiace sarei bugiardo, però sono stato sobrio, equilibrato, taciturno, distaccato. Stanno imparando anche loro ad avere la squadra più forte, ad essere aiutati clamorosamente dagli arbitri in Italia, a sentirsi dire che "rubano", ad uscire mestamente e senza sconti in Europa, a vedere Ibrahimovic che è un fenomeno vero ma quando conta non ne imbrocca una.
E stasera, per non smentirmi, ho tifato addirittura e sinceramente Fiorentina, che ha vinto ai rigori contro l'Everton, dopo 120 minuti di sofferenza, e passato il turno in Coppa Uefa.
Non gufo, simpatizzo per gli avversari, abbraccerei Moratti... Sono guarito? Posso riavere Moggi? Dai, gli togliamo il telefonino! Solo Moggi, niente Giraudo. Preferite tenerlo voi? Continuare a leggerne i resoconti da Lourdes o dai congressi dell'Udc? No, dico sul serio, non è meglio restituirlo in libertà vigilata, solo per scegliere i giocatori, alla Giuventus?
Foto by Leonora

venerdì 7 marzo 2008

L'ottimismo dell'emù


Premessa prima: lavoro nel campo dell'informazione. Prima facevo altro (mi occupavo di servizi sociali, o servizi alla persona, per chi ama la definizione più raffinata) ma da una decina d'anni il giornalismo è a tempo pieno il mio mestiere.
Essendo tale, è ovvio che quando si parla se esista o meno, in futuro, lo spazio per professionisti pagati per raccogliere notizie, la mia posizione è di parte. E' un po' come se duecento anni fa avessero chiesto a un dodo o all'emù cosa pensassero del rischio di estinzione che correvano. A prescindere dal fatto che uno sia sopravvissuto e l'altro no, entrambi se la facevano sotto ma in fondo in fondo speravano di scamparla e in nessun caso si potevano definire obiettivi.

Così stando le cose, e volendo campare ancora a lungo, ovvio che faccio il tifo perché la risposta sia: "Sì, esisteranno ancora per un pezzo professionisti pagati per trovare e rendere pubbliche le notizie".
Purtroppo, la volontà dell'ottimismo non sempre tiene a galla i naufraghi aggrappati ai marosi.

Premessa seconda. La pubblicità non può essere considerata l'unica fonte di entrata di un'impresa editoriale, neppure sul web. Però neppure è facile immaginare di farne completamente a meno.

Domanda da un milione di dollari (io però non li ho e chiedo una risposta gratis): che forma di pubblicità saremmo disposti non dico a gradire, ma almeno a tollerare?

Mi piacerebbe che questo quesito, anche a rischio di diventare fastidioso come una catena di Sant'Antonio, fosse fatto circolare sul web. Giuro di non essere al soldo di alcuna compagnia di pubbliche relazioni e dichiaro solennemente che lo scopo della curiosità è puramente accademico.

Risposta personale: quella che quando clicco su un sito di informazione compare su schermo (anche intero) per 2 secondi e poi scompare.

Spiegazione: quando il New York Times (sempre sia lodato) decise di mettere l'archivio on line consultabile gratis, ebbi quasi un moto di commozione misto a sincera gratitudine quando prima dell'articolo selezionato mi si aprì una pagina di pubblicità (Toyota, se non ricordo male) per scomparire un lampo dopo.
Foto by Leonora

mercoledì 5 marzo 2008

Vot'Antonio in salsa rosa


Toc toc. C'è ancora spazio per gli autolesionisti / masochisti? A Como di certo no. Lo hanno occupato tutto i vertici provinciali del Partito Democratico.

Breve riassunto, cominciando dal contesto geopolitico e socioculturale.

Como, Italia. Provincia di oltre mezzo milione di abitanti la cui schiacciante maggioranza (non la capisco, ma la rispetto) vota compatta centrodestra. Parliamo di percentuali attorno al 65%, mica paglia. E ciò a prescindere che tra i candidati ci siano brillanti esponenti della vita politica e civile di questo paese o un esemplare della capra della Val Verzasca (sia detto senza offesa per il celebrato quadrupede).

A tale esercito si contrappone una variopinta coalizione che ha fatto della melanconia e del harakiri la propria missione.

Esposizione dell'ultimo episodio, in ordine di tempo.

Veltroni, conscio di non aver la minima speranza di vincere se si ripresenta in compagnia di Bertinotti, Pecoraro Scanio & Company (come sopra: non li capisco, ma li rispetto) sceglie di correre solitario o quasi. Non basta. Per sperare nella rimonta, necessitando dei voti dei molti potenziali elettori astenuti o disinteressati o sfiduciati, lancia una campagna di rinnovamento dei candidati, salutando il "brode" De Mita (leggi "prode"), e "imbarcando" industriali, operai e di tutto un po'.

Il ragionamento è contestabile, ma semplice: chi deve votare PD (un 30/35% circa) lo farà comunque, il resto me la gioco con gli indecisi, puntando proprio sulla qualità dei candidati o sul fattore novità.

La notizia, pur nella sua essenziale banalità, a Como deve esser giunta sbiadita o, in ogni caso, incomprensibile.

Queste le mosse che segnalano il "suicidio"

In un primo momento, con tanto di dichiarazioni mezzo stampa, si gioca il settebello ("candidiamo Giulia Pusterla", ex presidente dell'Ordine dei Commercialisti, attualmente nel consiglio nazionale dell'Ordine, una donna certo fuori dagli schemi, in grado di dare un'immagine di novità, ma anche di preparazione e, chiaramente, un segnale "forte" al Nord produttivo e lavoratore) poi rallenta, frena, mette la retro e infine, con una capriola degna di un acrobata del circo equestre, "scarica" la Pusterla e candida Chiara Braga, 28 anni, sicuramente rispettabilissima, un bel volto giovane, ma che sta alla Pusterla come Patroclo ad Achille.

Risultato: il Pd a Como rischia di non intercettare un voto in più di quelli che avrebbe ottenuto comunque; la candidatura di Giulia Pusterla è stata "bruciata" con un dilettantismo da circolo delle bocce (senza offesa agli amici della Bocciofila di Lurate).

Ma se Chiara Braga (che a vederla ci è simpatica e a cui auguriamo un futuro luminoso) era così in gamba, non potevano pensarci prima di "illudere"? Ma se il Partito Democratico in Lombardia non vuole restare un ectoplasma, qualcuno da Milano non poteva prendere per un orecchio gli autori del "pasticcio" comasco e spiegar loro due o tre cose con discrezione, nel medesimo orecchio?

Purtroppo, crediamo, oltre il velo di novità a Como ci sono sempre le stesse facce: bravi diavioli, ma sfigati e per il Partito Democratico, almeno qui, la morale non cambia.

Perciò, posso pubblicamente dire: li rispetto, ma non li capisco.


P.S. Per gli irriducibili che non ne vogliono sapere di rassegnarsi, un ultimo pensiero ottimistico: Chiara Braga in parlamento, Giulia Pusterla candidata a prossimo sindaco di Como. Uolter, pensaci tu.
Foto by Leonora

martedì 4 marzo 2008

Clicca che non ti passa



Occupandomi di informazione (pur se ammetto che in questo tempo sarei tentato di dedicarmi ad altro, addirittura di cambiare mestiere, e chi conosce quanto mi appassiona il giornalismo probabilmente riconosce l'eccezionalità del momento) mi interessa tutto ciò che riguarda il "sostentamento" del sistema dei media.


Propongo qui un'elementare e forse banale riflessione sulla “pubblicità on line”, che prende spunto dal recente dibattito in rete e, in particolare, a "State of the Net".





Le posizioni radicali potremmo sintetizzarle nel modo seguente.





  • “Talebani” (ciao Gaspar): la pubblicità on line non se la fila nessuno; i banner delle aziende vengono cliccati soltanto da chi ha poca dimestichezza con la tecnologia (il 2 per 1000 dei visitatori); sempre più persone utilizzano filtri che “bloccano” la pubblicità (“ad block”).

  • "Entusiasti": la pubblicità on line è la frontiera del futuro; ogni anno il budget degli investimenti pubblicitari sul web si moltiplica nell’ordine di decine di punti percentuali; attualmente il 4% degli investimenti pubblicitari viene orientato su Internet, stime ottimistiche giungono a ipotizzare che nel 2010 sarà il 10%.




Se proviamo a "scartare" gli estremi, sarei orientato a sostenere quanto segue.






  1. Se Internet è il “medium” del futuro, la pubblicità attraverso di esso ha una funzione strategica, non marginale.

  2. L’aumento percentuale di investimenti pubblicitari non cesserà, ma è difficile che continui un trend d’incremento a due cifre come lo registriamo in questi anni.

  3. Il banner è uno strumento forse superato, ma non è corretto valutarne l’impatto conteggiando quante volte viene “cliccato”. Non dimentichiamo che la funzione dirompente della pubblicità è quella di “mettere in vista” il prodotto ovvero di far passare un messaggio. L’interattività è un vantaggio in più, ma non bisogna confondere l’optional con il mezzo stesso.

  4. Studiare forme “intelligenti” e poco invasive di pubblicità, adatte allo strumento Internet, dovrebbe essere uno dei primi punti nell’agenda dei pubblicitari

  5. Pensare alla pubblicità come unica fonte di entrata è limitante e persino pericoloso nell'economia di un "medium" degno di essere definito tale

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